Messaggi dalla preistoria – Pitture rupestri in Ticino

Cuppellari
Cuppellari

Se tra migliaia di anni i nostri discendenti dovessero rinvenire i nostri scritti e, incapaci di decifrarli, chiedersi che messaggio contengono dovrebbero disporre di buona fantasia per azzeccarci sempre. Così noi, che davanti alle numerose incisioni dei predecessori che si rinvengono massicciamente su ogni continente, ci interroghiamo sul loro significato. Le coppelle, per esempio, rappresentano uno dei grandi misteri insoluti dell’archeologia.

Le risposte potrebbero non essere univoche come soppesa Luca Bettosini che, con Ely Riva, da dieci mesi setaccia il territorio ticinese e mesolcinese alla ricerca di questi segni del passato che presto raggrupperanno nel libro «Alla ricerca dei massi perduti – incisioni rupestri in Ticino e Mesolcina» la cui uscita è prevista per novembre 2023.

«Al mondo esistono un centinaio di ipotesi ufficiali riguardo la funzione di croci e coppelle, tutte ugualmente valide. Personalmente ritengo che la risposta non può essere univoca, sempre muovendomi nel campo dell’ipotetico credo che queste incisioni, effettuate in luoghi diversi e tempi diversi, avessero scopi diversi, dai più banali, come indicare una via, ai più affascinanti, come l’indicare costellazioni o effettuare riti di culto. In fondo possono essere semplici opere artistiche, atti meditativi, luoghi sacrificali, confini, per citare qualche tesi al proposito. Man mano che li cerchiamo intravvediamo alcune logiche; ci sono casi in cui appare probabile che i massi incisi indicassero un sentiero; molti si trovano invece in luoghi panoramici, affacciati sul fondovalle, per quale motivo? Altri sono sparsi attorno a un centro. Ad Arcegno vi è una pietra magnetica incisa. Di tutte quelle presenti è stata incisa proprio lei, perché? In questo ambito abbiamo sicuramente molte più domande che risposte e personalmente la cosa non mi disturba; preferisco muovermi nel campo delle ipotesi piuttosto che affidarmi a certezze magari errate».

Anche la datazione è imprecisa quando non impossibile. Questo rende ancora più difficile immaginare scopo e utilità delle incisioni.
«Esatto. Possiamo distinguere tra le incisioni effettuate con la pietra (probabilmente selce) e quelle con il metallo, ciò che ci fornisce un’indicazione dell’epoca, che resta comunque ampia. Talvolta rinveniamo date, altre volte la crescita di un lichene può fornire indicazioni e sicu­ramente può succedere che uno stesso masso ospiti incisioni avvenute in epoche diverse fino a quella moderna».

Nonostante si tratti spesso di rispolverare la socratica affermazione «so di non sapere», queste testimonianze qualcosa di certo lo comunicano: ovvero che il territorio era percorso già in tempi preistorici e in luoghi talvolta sorprendenti.
«Si tratta indubbiamente di un patrimonio archeologico di grande interesse e valore, che ci mette in comunicazione con un passato assai lontano, ma che al momento giace dimenticato e abbandonato. Una grande nota di merito va a Franco Binda che ha saputo riconoscere il valore delle incisioni rupestri e ha repertoriato oltre settecen­to massi sparsi su tutto il territorio di Cantone Ticino e Mesolcina. Le sue pubblicazioni sono state la base di partenza del nostro lavoro di ricerca ma ci siamo presto accorti che spesso, soprattutto nel caso di massi posti in luoghi selvaggi e discosti, con pochi punti di riferimento, le coordinate da lui fornite sono imprecise. Va detto che a quei tempi non si disponeva della tecnologia attuale, per cui definire un punto esatto in un bosco era qualcosa da fare a mano e non era un’operazione semplice. Nonostante questo, cercando un po’ più su, un po’ più in là, certe volte tanto più in su o tanto più in là, siamo riusciti finora a ri­trovare oltre cinquecento massi da lui repertoriati. Il bello della questione è che, cercando nei dintorni, spesso siamo incappati in massi che non erano ancora stati rinvenuti. Inoltre, abbiamo ricevuto e stiamo ricevendo numerose segnalazioni di ulteriori incisioni, questo fa sì che siamo pressochè a quota mille, di cui oltre quattrocento incisioni che potremmo chiamare «inedite».

Alcune di queste saranno racchiuse nel nuovo libro.
«Esatto, abbiamo in programma di presentarne un centinaio tra i più significativi. Le immagini dei massi saranno corredate con le coordinate e da considerazioni riguardo la disposizione del masso, l’ambiente circostante, per cercare di capire la sua funzione. Essendo che molti massi si trovano in luoghi discosti, talvolta scoscesi e lontani dai sentieri, abbiamo inserito alcune indicazioni riguardo la difficoltà del percorso».

Da trecento giorni siete quotidianamente sul terreno, che farete una volta concluso il libro?
«Continueremo a sondare il territorio. C’è ancora tanto da scoprire, le segnalazioni sono molte e ho ragione di credere che aumenteranno dopo l’apparizione del volume. Ci sono poi altre testimonianze storiche che giacciono dimenticate sul nostro territorio; mi interesso ad esempio dei mortai, ma mi sono anche imbattuto nei pilastri del patibolo di Roveredo, o la croce di rogazione a San Vittore. Mi piace dare visibilità a questi e altri reperti e fatti storici attraverso la mia pagina facebook, dove pubblico un contributo praticamente quotidiano. Il mio desiderio è di diffondere conoscenza risvegliando interesse e curiosità e vedo che piace, la pagina è sempre più seguita».

Il Comune di Monteceneri ha reagito prontamente e in­tende valorizzare i massi presenti sul territorio.
«Mi hanno contattato e sono entusiasta di questa nascente collaborazione, dove insieme cercheremo di capire come farlo al meglio. Spero che il libro, la pagina FB e questo progetto pilota coinvolgano un numero crescente di persone e amministrazioni, così da promuovere la nostra storia e valorizzare il patrimonio dimenticato che troviamo disseminato in ogni dove sul territorio, che è un vero e proprio museo a cielo aperto».