ELETTROSENSIBLITÀ, conoscere per prevenire

L’inquinamento in casa è dovuto soprattutto alle nostre abitudini, non a quelle dei vicini, e possiamo fare molto per ridurlo.

Da uno studio effettuato dal politecnico di Zurigo nel 2020 è emerso che il 10,6 percento della popolazione ritiene di essere elettrosensibile e un ulteriore 30 percento dubita di esserlo. Sono numeri importanti ma va fatta una distinzione tra elettrosensibilità, che può essere paragonata a una intolleranza, e iperelettrosensibilità che è una patologia – non ancora riconosciuta in Svizzera ma in altri paesi sì – assai debilitante e paragonabile a un’intolleranza acuta a una o piu forme di elettrosmog.

Chiediamo all’ingegnere Roberto Wettstein, specialista in elettrobiologia che conosce l’elettrosensibilità molto bene da dieci anni vivendola ogni giorno sulla propria pelle, quali sono i sintomi che portano le persone a ritenersi elettrosensibili.
«Sono diversi i sintomi che si possono sviluppare con un’eccessiva esposizione alle onde elettromagnetiche artificiali, tra questi vi sono mal di testa, disturbi del sonno, stanchezza cronica, irritazione, problemi dermatologici, mancanza di concentrazione. Non sempre la correlazione è evidente. Forse è per questo che molte persone si limitano a dubitare di essere sensibili alle radiazioni. Spesso non si è neppure coscienti di essere esposti a campi magnetici artificiali ad alta intensità e la reazione ad essi può manifestarsi diversi mesi dopo. In questo la legge non aiuta in quanto i limiti attuali di emissione (limiti termici) superano di molto la tolleranza di un soggetto sensibile (limiti biologici). Un modo di appurare se i disturbi sono originati dall’esposizione ai campi elettromagnetici artificiali è ridurre l’esposizione laddove è possibile, ovvero adottando un uso consapevole dei dispositivi e proteggendo dalle radiazioni il riposo notturno. In questo modo si potrà verificare se il proprio benessere migliora. È in questo modo che circa dieci anni fa, quando il tema era assai meno conosciuto, ho scoperto la mia elettrosensibilità e risolto in questo modo gravi problemi di salute. Per concludere ricordo che tutti gli esseri viventi sono sensibili alle radiazioni, come disse Paracelso «è la dose che fa il veleno» e io aggiungo anche la concomitanza di altri fattori stressanti per l’organismo come molecole chimiche, stress, alimentazione errata, stile sedentario, eccetera. D’altro canto il rilassamento, momenti in natura, cibo di buona qualità permettono all’organismo di rigenerarsi più velocemente e rafforzare le difese».

Come evitare l’esposizione ai campi magnetici aritificiali in una società che ne è sempre più inondata?
«Questo è attualmente il problema. La crescente presenza di wi-fi, smartphone e quant’altro sta innalzando costantemente i livelli di inquinamento elettromagnetico. Questo, abbinato alle abitudini odierne con persone che restano davanti ai dispositivi mediamente sei o sette ore al giorno sta portando a un rapido aumento dei casi di sensibilità e ipersensibilità e un abbassamento dell’età in cui si manifestano i primi sintomi. Possiamo pensare all’elettrosensiblità come a un’intolleranza. Il problema è che a differenza di un’intolleranza al lattosio o al glutine non è facile sottrarsi ai campi o onde elettromagnetiche onnipresenti. Mentre una persona iperelettrosensibile è capace di percepire fisicamente la presenza dei campi elettromagnetici, ciò che rende molto difficile la vita sociale di queste persone, la persona l’elettrosensibile non ha questa percezione immediata. Per il momento possiamo ancora fare molto per rendere salutare l’ambiente di casa e la camera da letto, con interventi mirati, ma anche semplicemente spegnendo dispositivi e wi-fi quando inutilizzati. L’irradiazione aumenta o diminuisce in modo diretto avvicinando o allontanando l’apparecchio emittente, per questo il maggior inquinamento elettromagnetico nelle nostre case di solito è generato dalle nostre abitudini e meno da quelle dei nostri vicini.
Recentemente Swisscom ha dismesso il 3G e la RSI le trasmissioni FM, è una buona notizia?
«Per il 3G è normale che una tecnologia venga sostituita da un’altra più avanzata. Potrebbe anche non essere una cattiva notizia perché, per esempio, il 5G è più efficiente del 3G. Il problema risiede nel fatto che il 3G permette un uso più ridotto della tecnologia rispetto a 4G e 5G per cui quello che potrebbe essere un vantaggio diventa un problema se accompagnato, come sta già succedendo, dall’aumento esponenziale di dispositivi che trasmettono dati anche dall’interno delle nostre case e senza possibilità di controllo diretto da parte nostra.
La Confederazione ha scelto di abbandonare l’FM, da parte mia non condivido pienamente questa scelta in quanto è un ottimo sistema di trasmissione che ha fatto le sue prove. Questa decisione ha escluso anche diversi apparecchi ancora funzionanti mentre non ha un impatto rilevante sull’inquinamento elettromagnetico».

Sappiamo che l’automobile trattiene le onde elettromagnetiche generate al suo interno. Cosa consiglia a chi desidera dotarla di radio digitale?
«Va detto che una trasmissione radio è meno impattante rispetto alla trasmissione video o di dati attraverso internet. Se si desidera tenere le radiazioni all’esterno dell’abitacolo conviene installare un’antenna esterna. Va ricordato, comunque, che i veicoli attuali generano parecchie radiazioni dovute alla sempre maggiore tecnologia che le caratterizza. Per esempio molti sensori funzionano con tecnologia wireless. Inoltre le auto piu moderne sono dotate di almeno due schede SIM per la trasmissione di varie informazioni via 4G/5G, ciò che ha un impatto sull’ambiente all’interno del veicolo. Sui treni non è meglio, abbiamo l’elettrosmog generato dai sistemi di propulsione al quale si aggiungono oltre al servizio wi-fi, anche i numerosi dispositivi personali dei passeggeri. Anche l’inquinamento elettromagnetico all’interno dell’automobile è sovente aggravato dall’utilizzo del proprio smartphone».

Lei esegue rilievi e risanamenti bionomici degli ambienti di vita e di lavoro. Qual è la risposta dei datori di lavoro?
«Per una prevenzione in materia di salute è importante che gli ambienti in cui si staziona a lungo siano rigeneranti per l’organismo. I luoghi di lavoro che analizziamo sono sovente stressogeni se non addirittura tossici per le persone. Come uso ripetere: «un’azienda sana è fatta di collaboratori sani». Investire sul Welfare, ovvero sul benessere dei propri dipendenti, non va solo a favore del singolo ma è positivo per tutta l’azienda. Le persone sono più attive, attente, motivate e presenti mentre il malessere dei lavoratori si ripercuote negativamente sull’azienda con calo di rendimento e assenze per malattia, con costi nascosti molto importanti. Ciò grava anche sul sistema sociale e sanitario. I posti di degenza nelle cliniche Svizzere specializzate in bornout e malattie del lavoro sono tutti occupati ed è un peccato per la società e per l’economia in quanto prevenire costa molto meno del curare e porta molti più vantaggi. Per le aziende abbiamo ideato specifici progetti chiamati Welfare X. Utilizziamo in tutta la Svizzera la checklist della FaGeWo (associazione svizzera per ambenti di vita salubri) per definire lo stato di benessere per ogni collaboratore. Noto con piacere che il numero di direttori d’azienda che prendono a cuore il benessere dei propri dipendenti è in aumento».

Puoi farci un esempio di un intervento in azienda?
«Posso citare un grande intervento presso un noto studio di architettura del luganese con quindici dipendenti. Una volta definito lo stato di welfare per ogni collaboratore, abbiamo eseguito il rilievo bionomico per ogni postazione di lavoro, rilevando le energie naturali e geopatie, le energie artificiali quali elettrosmog e qualità dell’aria, come pure la qualità della luce. Lo scopo è rilevare tutte le fonti di energie stressogene per i dipendenti. Successivamente siamo intervenuti per eliminare le geopatie presenti e aumentare le energie naturali, in seguito abbiamo ridotto l’inquinamento da elettrosmog come pure il particolato fine (pm 2.5 e pm 10). Con trattamenti mirati abbiamo fortemente ridotto i fattori stressogeni presenti, mettendo cosi a disposizione dei dipendenti un ambiente perfettamente equilibrato, che li favorisce e sostiene energeticamente. Infine tutto lo studio ha ricevuto il Certificato SBM-2015 Livello A. Responsabili e personale hanno notato che le modifiche ambientali hanno portato in breve tempo a un miglioramento nella motivazione, più concentrazione, collaborazione, mentre una persona ha risolto definitivamente il mal di testa che la affliggeva da tempo».

Questo si può fare anche nelle abitazioni private?
«Sì, il rilievo nelle abitazioni private (Rilievo Bionomico BASE) di regola prende in considerazione tredici parametri ambientali per ogni locale e permette di rendersi conto della qualità dei propri ambienti di vita e di cosa è possibile fare per migliorarla. In circa tre ore di lavoro eseguiamo i rilevamenti e offriamo una consulenza mirata con possibili soluzioni e con numerosi consigli che, spesso, si possono implementare a costo zero».

Più informazioni: elettrobiologia.com